In questo angolo di mondo è la storia di Suzu Urano, una ragazza ingenua e sempre con la testa tra le nuvole, nel Giappone dal 1933 al 1946, anni travagliati per il paese del Sol Levante (nel 1933 il Giappone abbandona la Società delle Nazioni e nel 1946 era da poco cominciata l’occupazione Alleata che terminerà solo nel 1952).

La vicenda di In questo angolo di mondo (il trailer è questo) prende le mosse dalla tenera età di Suzu, procedendo a veloci balzi tramite ellissi dal Dicembre del 1933 fino ad arrivare, nel giro di poco meno di un quarto d’ora al Dicembre 1943 ed è da questo momento che la nostra storia entra nel vivo subendo un comprensibile rallentamento e quindi concentrandosi su tre anni, tre anni critici per il Giappone e, naturalmente per la vita della nostra Suzu.
Dalla città di Kure, nella prefettura di Hiroshima, il giovane Shusaku Oju chiede in moglie Suzu (che ora ha diciotto anni); la giovane si sposta così da Eba (una piccola città sul delta del fiume Ota ad appena tre chilometri dal centro di Hiroshima), alla città di quello che diventerà suo marito. Per Suzu comincia così una nuova vita, in cui la giovane deve mettere da parte la sua grande abilità di disegnatrice per concentrarsi in tutte quelle attività che contraddistinguono la donna giapponese del tempo, il tutto mentre il Giappone si avvia alla disfatta.
“In questo angolo di mondo” oltre il racconto.

In questo angolo di mondo è un racconto dalle emozioni veramente ben calibrate, un realistico spaccato della vita giapponese in un periodo travagliato senza far trasparire alcuna pesantezza, in cui il senso della tragedia è sì presente ma viene mostrato con una sensibilità particolare. Sunao Katabuchi e i suoi riescono, attraverso la morbidezza delle linee e dei colori, a mantenere una sorta di leggerezza per un buon tre quarti del film, ed è quella leggerezza che resiste con forza alla dirompenza della guerra e della morte che il film non esclude; non può e non vuole farlo e lo esprime senza ovattare alcunché ma, se in un film come Una tomba per le lucciole di Isao Takahata, la storia parla dei Sommersi, il film di Katabuchi si preoccupa dei Salvati (parafrasando con molta libertà Primo Levi).
La genuina ingenuità di Suzu, assieme al suo essere sempre con la testa fra le nuvole, vengono brutalmente ferite dagli avvenimenti (c’è una scena che è davvero bellissima in cui esprime tutto il suo dolore e la sua incredulità per il tempo che vive) ma non sono annientate e, su di un ponte sul fiume Ota – ponte in cui Shusaku vide per la prima volta la nostra protagonista, molti anni prima -, in una Hiroshima praticamente rasa la suolo, Suzu e suo marito Shusaku, alla fine di tutto il racconto, saranno dei sopravvissuti cui è concesso ricostruire le proprie vite in questo angolo di mondo.
Ciao e al prossimo caffè;
Il Barista Animato
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