Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus
Recensioni, Serie animate

Made in Abyss. Un’avventura negli abissi della terra e dell’umano

Basata sull’omonimo manga di Akiko Tsukushi, Made in Abyss è una serie anime diretta da Masayuki Kojima e composta da Hideyuki Kurata e mentre siamo in attesa della seconda stagione che dovrebbe arrivare l’anno prossimo, io vi racconto brevemente le mie impressioni sulla prima. Se l’avete già vista mi piacerebbe un po’ sapere che ne pensate e, non l’aveste ancora vista, spero di riuscire a convincervi a guardarla (la trovate su VVVVID, Netflix, Prime Video).

L'Abisso con attorno la città di Orth. Fotogramma da: Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus
L’Abisso con attorno la città di Orth. Fotogramma da: Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus

L’Abisso e un goccio di trama

La nostra storia ha inizio ad Orth, una città che sorge tutta attorno ad una voragine dal diametro di un chilometro e dalla profondità tutt’ora sconosciuta: l’Abisso. Molte coraggiose donne e uomini scendono nelle sue viscere e riportano in superfice preziosi cimeli; non sono in molti però a fare ritorno e se scendere nell’Abisso è pericoloso, risalire lo è ancora di più. Cos’è, però, questo Abisso e cosa accade a coloro che lo affrontano fin nelle sue profondità?

Questo è l’aspetto attuale dell’Abisso. Il primo strato, fino a 1.350 metri, è l’orlo dell’Abisso. Fauna e ambiente non sono poi molto diversi, ma visto che arrivano predatori dal secondo strato, non si può abbassare la guardia. Qui c’è il secondo strato, la foresta delle tentazioni. […] Terzo strato, la grande faglia. […] Quarto strato, dove possono andare solo dai fischietti neri in su, della profondità di 7.000 metri. Detto anche le coppe dei giganti. Quinto strato, il mare di cadaveri. Questa è landa dei soli fischietti bianchi, e in pochissimi ne hanno fatto ritorno. Sesto strato, la capitale del non ritorno. Quando un fischietto bianco si dirige là, la si chiama l’ultima discesa. Non si torna più indietro.

Shiggy in: “Partenza” S.1 Ep. 03, sulla suddivisione dell’Abisso

Fare ritorno dall’esplorazione dell’Abisso è problematico; più si scende in profondità e più il ritorno influisce gravemente sulla propria salute. Dal primo strato, leggere vertigini. Dal secondo strato, conati di vomito, emicranie e formicolio agli arti. Dal quarto strato, dolori lancinanti in tutto il corpo ed emorragie. Dal sesto strato, perdita della propria umanità oppure morte. Nessun esploratore, in quanto essere umano, può sfuggire a questo strano fenomeno.

Shiggy in: “Festa della Rinascita” S.1 Ep. 02, riguardo gli effetti sul corpo umano durante la risalita dai differenti strati dell’Abisso
Mappa dell'Abisso. Fotogramma da: Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus
Mappa dell’Abisso. Fotogramma da: Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus

Made in Abyss racconta praticamente di questo. Una discesa lunga, pericolosa e apparentemente senza speranza di ritorno. Protagonista di questa discesa è la dodicenne Riko, intenzionata a ritrovare la madre Lyza – data per dispersa dopo dieci anni nelle viscere dell’Abisso – che sembra averle mandato una lettera da quelle profondità. Ad accompagnarla in questo viaggio senza ritorno sarà Reg; una specie di androide che la bambina ha trovato nella parte più alta dell’Orlo dell’Abisso.

Riko e Reg non potrebbero essere più diversi fra loro; lei, fisicamente debole, ma dalla volontà di ferro e dalla conoscenza delle creature dell’Abisso quasi enciclopedica. Lui, forte, praticamente indistruttibile e che sembra non risentire affatto degli effetti della risalita dall’Abisso ma: “un fifone” (cit.). Queste loro differenze non sembrano essere un ostacolo (senza contare che Reg, ha promesso di proteggere a qualunque costo la sua compagna di viaggio) ma delle ottime basi per affrontare questa avventura che si rivelerà irta di pericoli fin dalle prime centinaia di metri di profondità.

Apparato tecnico-artistico da applausi a scena aperta.

Non mi soffermerò oltre sulla trama di questa serie, credo già di avervi detto abbastanza; preferisco concentrarmi su altri aspetti, cominciando da quelli più evidenti e da applausi: quelli tecnico/artistici.

Reg e Riko. Fotogramma di: Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus
Reg e Riko. Fotogramma di: Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus

Fin dalle prime inquadrature vediamo un mondo veramente ben realizzato, le foreste, la citta di Orth con i suoi edifici e le sue vie. Il lavoro è minuzioso, il world building davvero convincente e via, via che si scende nelle profondità dell’Abisso, i vari strati sono presentati al meglio.

In aggiunta a tutto questo, abbiamo le animazioni che non deludono e che superano la prova nei vari scontri e momenti concitati durante i vari episodi. Sono davvero fluide e grazie a regia e montaggio serrati in queste brevi esplosioni di climax, tutto ciò che avviene subito dopo serve quasi a riprendersi, allora si hanno scene in cui ci si può rilassare un po’ ma anche in questo caso è un rilassamento falso o solo momentaneo. Il vero punto di forza di questa serie infatti, è la profonda differenza tra la trama e la rappresentazione grafica (e caratteriale) dei nostri protagonisti.

Le profondità di: Made in Abyss

Made in Abyss è uno sprofondare sempre più nel pericolo costante e crescente, in cui basta risalire anche pochi, pochissimi metri per subire gli effetti negativi della Maledizione dell’Abisso (che peggiorano man mano si arrivi ai livelli inferiori). A vivere e subire tutto questo sono bambini, rappresentati nel tipico stile chibi; lo straniamento – per non parlare della tristezza e dell’angoscia che si prova a vedere quello che subiscono, in certi momenti, Riko e Reg – è enorme ed è il vero punto forte di tutta questa serie anime.

Nanachi e Reg. Fotogramma da: "Made in Abyss"© 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus
Nanachi e Reg. Fotogramma da: Made in Abyss © 2017 Masayuki Kojima/Kinema Citrus

Non c’è un episodio in cui, malgrado siano sapientemente riusciti ad infilarci momenti divertenti e piacevolmente imbarazzanti, non si resti con il fiato sospeso, certi che accadrà qualcosa ai nostri piccoli eroi, non si sa bene quando, ma accadrà, deve accadere. Quando ciò avviene, il tutto è costruito così bene che non si sa mai davvero fino all’ultimo se cosa o chi si pari loro davanti durante la loro discesa, sia amico o nemico. Il “candore” di Riko e Reg fa così da contraltare a praticamente tutto il resto dell’Abisso (anche se rappresentato, alle volte in maniera piuttosto “pacifica”). Il finale di stagione si chiude con il più classico dei finali aperti; l’avventura può e deve proseguire.

Il conto

La seconda stagione si preannuncia ghiotta ma per arrivarci preparati e con tutto chiaro in testa vi conviene andarvi a guardare: Made in Abyss: Dawn of the deep Soul, il lungometraggio che comincia esattamente subito dopo gli eventi dell’ultimo episodio della prima stagione. Di questo lungometraggio (prosciuga lacrime) ne parlerò meglio più avanti; intanto chi non avesse ancora visto Made in Abyss può mettersi in pari. Non rimarrà deluso.

Ciao e al prossimo caffè,

Il Barista Animato

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