Semplice, veloce e senza troppe pretese se non quelle di raccontare tre storie brevi nella maniera più immediata possibile: Modest Heroes di Hiromasa Yonebaiashi, Yoshiyuki Momose e Akihiko Yamashita è un film di 50 minuti composto da tre cortometraggi che scorrono con una rapidità praticamente fulminea lasciandoci davanti agli occhi immagini che catturano.
Modest Heroes (a voi il trailer) è un trittico di cortometraggi, brevi racconti che hanno in comune dei piccoli atti di eroismo. Protagonisti di queste tre storie sono: due piccoli abitanti dalle fattezze umane in un mondo incantato nel corto Kamini e Kamino, un bambino affetto da una grave allergia alle uova in Life ain’t gonna loose e un uomo invisibile, impiegato di una concessionaria d’auto in Invisible.
Kamini e Kamino

Cicchetto di trama
Il primo corto di cui parliamo è Kamini e Kamino, diretto da Hiromasa Yonebaiashi e sa avete già visto Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento e Quando c’era Marnie, noterete sicuramente il medesimo stile (particolarmente in riferimento a Arrietty). La trama è presto detta: Kamini e Kamino sono fratello e sorella, due piccole creature dalle fattezze umane che abitano vicino ad un fiume in un mondo incantato: un giorno, mentre sono a caccia con il padre, sono sopresi da una forte corrente e il padre viene trascinato via. I due decidono di andarlo a cercare mettendo a rischio la propria vita.
Il mio Kamini e Kamino
Kamini e Kamino essenzialmente racconta questo. Niente di più e niente di meno; dialoghi al minimo (anche perché queste creature parlano un linguaggio a noi incomprensibile), trama scarna, piccoli scenari curati al dettaglio, personaggi ben rappresentati e una sottile colonna sonora.
È un corto godibile in cui non accade praticamente nulla e un po’ lo si percepisce alla fine; si resta lì, ad attendere che passino i brevi titoli di coda che introducono poi alla seconda storia, chiedendosi effettivamente se sia successo davvero qualcosa.
Life ain’t gonna loose

Cicchetto di trama
Il secondo cortometraggio è diretto da Yoshiyuki Momose: Life ain’t gonna loose. La storia racconta di Shun, un bambino con una grave allergia alle uova che nel corso dei suoi primi anni di vita l’ha portato più volte all’anafilassi, con il rischio di letali conseguenze. Le sue giornate perciò si susseguono tranquillamente ma con la costante attenzione da parte sua e soprattutto della famiglia e di chi sta lui attorno, che non tocchi o mangi cibi contenenti anche soltanto la minima traccia dell’alimento; un giorno però Shun è da solo a casa e si accorge che il gelato che ha appena cominciato a mangiare contiene albume. Sarà una corsa contro il tempo e ci vorrà tutta la forza di Shun e tutto l’aiuto possibile perché il piccolo possa sopravvivere.
Il mio Life ain’t gonna loose
Samurai Egg, titolo originale del film, è un’altra storia godibile ma con un problema in più: pur essendo breve è estremamente caotica e non tanto per il ritmo della storia che, tutto sommato, non sconvolge ma, per la numerosa serie di eventi che la popolano e che non aggiungono nulla alla storia in sé. Certo, la maggioranza ha Shun per protagonista e riguardano tutti la sua pericolosa allergia ma per quel poco tempo che dura la storia avrebbero forse giovato meno spunti e maggior concentrazione anche su un solo evento. Bellissima invece la breve sequenza in disegno a matita dell’ultima anafilassi di Shun in cui il piccolo compie il suo personale atto eroico.
Invisible

Cicchetto di trama
Ultimo cortometraggio ma più interessante fra i tre è Invisible di Akihito Yamashita: un impiegato di una concessionaria di automobili, vive una vita da invisibile. Nessuno lo vede, nessuno lo nota e la sua invisibilità (per noi spettatori non è solo un senso lato) lo porta ad essere leggero come una piuma, tanto da dover utilizzare alcuni oggetti pesanti, come un estintore, per evitare di volare via. Questa vita monotona è scossa da due eventi; l’incontro con un cieco che però riesce a “vederlo” e percepirne la presenza e un atto eroico di grande importanza.
Il mio Invisible
Invisible è il corto che il vostro Barista ha trovato più interessante: il ritmo più blando della storia ha permesso un dipanarsi degli eventi maggiormente incisivo, il nostro anonimo personaggio con il suo essere invisibile e leggerissimo permette alcuni momenti di riso ma anche di riflessione su una condizione umana, più che lavorativa, che in Giappone dà grossi problemi: quella del salaryman.
Questa figura – il dipendente di un’azienda con un reddito fisso non necessariamente alto e con estenuanti orari di lavoro – è una figura che il pubblico fuori dal Giappone ha potuto conoscere grazie agli anime e ai manga che la mostrano in numerose occasioni. La storia raccontata da Yamashita riesce perciò a rappresentare questa figura in maniera molto particolare per noi, ma probabilmente molto sentita in Giappone e lo fa a livello visivo anche grazie ai colori che permettono di sentire quanto sia pesante la vita del nostro protagonista, di quanto sia grigia. Grigia come la predominanza cromatica di questo corto che però ha un piccolo, breve guizzo di colore nell’eroico gesto del nostro protagonista.
Il conto
Arrivando a tirare le fila di questo Modest Heroes si può dire che sia un lavoro carino globalmente ma senza troppe pretese. In ogni cortometraggio ci sono sì dei piccoli accenti e spunti interessanti ma, si contano letteralmente sulle dita di una mano. Sembra più un esercizio di stile, un allenamento preparatorio per qualcosa di più grande. Consigliato se volete vedervi qualcosa di breve e a tratti visivamente interessante ma non c’è da aspettarsi molto di più.
Ciao e al prossimo caffè,
Il Barista Animato
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